Per riunire le due parti illusoriamente separate dobbiamo camminare sul filo del rasoio. Cosa vuol dire?
Per prima cosa, dobbiamo sapere di essere irritati. Molti non lo sanno neppure. Quindi, passo numero uno: consapevolezza dell’irritazione nascente. In zazen, quando cominciamo a conoscere la nostra mente e le nostre reazioni, acquistiamo la consapevolezza: “Sì, sono irritato”.
La pratica vuol dire comprendere il filo del rasoio e lavorarci su. Viviamo nell’illusione della separazione, che noi stessi abbiamo creato. Se ci sentiamo minacciati, se un aspetto della vita non ci piace, si avvia la preoccupazione e l’esame delle possibili soluzioni per cavarcela. È la reazione comune. Non abbiamo intenzione di essere con la vita così com’è perché può esserci sofferenza, che è inaccettabile. Da una malattia grave alla più insignificante contrarietà, non siamo disposti ad accettare. Non vogliamo sopportare, non vogliamo essere la sofferenza, se ci si offre anche una minima via di scampo. Vogliamo risolvere il problema, superarlo, eliminarlo. È qui che dobbiamo comprendere la pratica di camminare sul filo del rasoio, ogni volta che iniziamo a sentirci irritati, arrabbiati, risentiti o scontenti.
Ma il primo passo non ci porta ancora sul filo del rasoio. Siamo ancora divisi, ma almeno lo sappiamo. Come rimettere insieme le due parti? Camminare sul filo del rasoio significa appunto essere di nuovo ciò che intrinsecamente siamo: vedere, toccare, udire, odorare. Significa sperimentare qualunque espressione della vita, in questo preciso momento. Siamo irritati, e facciamo esperienza dell’irritazione. Abbiamo paura, e facciamo esperienza della paura. Siamo competitivi, e facciamo esperienza della competitività. Nella pratica, l’esperienza è fisica; non si occupa delle costruzioni mentali sovrapposte all’esperienza.
Fare esperienza non verbale, cioè essere il momento presente: ecco il filo del rasoio. Lì, sul filo, si riuniscono le due strazianti metà. La riunificazione forse non è la felicità, ma ci dà gioia. Capire il filo del rasoio, anzi, camminarci, è la pratica dello Zen. La sua difficoltà nasce dal fatto che non siamo disposti a farlo. Al contrario, siamo dispostissimi a scappare.
Se mi sento offesa, voglio aderire ai pensieri che alimento sull’offesa; voglio aumentare la mia separazione; mi compiaccio di cuocermi in focose idee di lesa maestà. Ma le idee, i pensieri sono una barriera che erigo per non sentire il dolore. Più la mia pratica si affina e più rapidamente mi rendo conto del trucco, ritornando alla nuda esperienza del dolore, il filo del rasoio. Dove, un tempo, sarei rimasta amareggiata per due anni, ora la ferita mi brucia per due mesi, due settimane, due minuti. Una buona pratica mi consente di fare l’esperienza del dolore alla sua comparsa, di salire immediatamente sul filo del rasoio.
Lo stato illuminato consiste nel camminare sempre sul filo del rasoio. Forse non sempre, ma nella maggior parte delle situazioni. Ed è una gioia.
[ Da: Charlotte Joko Beck, “Zen quotidiano“ ]
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– https://en.wikipedia.org/wiki/Joko_Beck