Secondo questa prospettiva, tipicamente orientale (indiana, tibetana, cinese e giapponese) quando noi respiriamo immettiamo nell’organismo una energia vitale chiamata prana, chi o ki, senza la quale non potremmo sopravvivere e grazie alla quale potremmo sviluppare le nostre potenzialità latenti ed armonizzare la persona nel suo complesso ed in relazione all’universo. C’è da notare che questa energia non può essere identificata con l’ossigeno, in quanto possono esserci luoghi ricchi di ossigeno ma scarsi di prana (si veda in proposito Van Lysebeth, 1971, che lo fa risalire ad una sorta di ioni negativi, particelle con carica elettrica).
Questo prana poi, non segue il normale percorso dell’apparato respiratorio della fisiologia occidentale, bensì una serie di 72000 canali energetici sottili, chiamati Nadi, tre canali principali, chiamati Ida, Pingala e Sushumna, e sette centri o vortici chiamati Chakra. Nelle tecniche yoga basate sul respiro l’obiettivo è quello di accumulare, distribuire, veicolare e quindi controllare tale prana da cui il nome di Pranayama, ovvero “controllo-gestione dell’energia vitale”. Nel pranayama ci sono tantissime tecniche di respirazione: lenta, veloce, addominale, toracica, clavicolare, completa, con pause o apnee più o meno lunghe, rilassante, energizzante, purificatrice ecc. dove gli obiettivi variano dal semplice rilassamento alla meditazione, al risveglio della Kundalini, l’energia vitale assopita nel chakra della base, all’illuminazione buddhista. Solo quando la respirazione diviene connessa, circolare, senza pause e senza apnee, si hanno quei fenomeni di catarsi emozionale, di perdita del controllo, di abreazione tipiche dei breathwork occidentali, rebirthing compreso.
– https://it.wikipedia.org/wiki/Prana
– Prana (amazon)
– Fonte